+39 3888520231
dr.annarana@gmail.com

Perchè mangiare pizza rende felici?

Perchè mangiare pizza rende felici?


La prima ricetta della pizza così come la conosciamo oggi si ritrova in un trattato dato alle stampe a Napoli nel 1858. Popolarissima presso il popolino ma anche presso principi e baroni, dominava i ricevimenti dei Borboni, e Ferdinando IV arrivò a farla cuocere nei forni di Capodimonte (gli stessi dai quali uscivano le preziose ceramiche). Le fonti storiografiche non sono unanimi su come è nata la pizza, sul “quando” sì: 11 giugno 1889, visita alla città di Napoli da poco annessa al Regno d’Italia da parte dei Savoia. Interrogato da un messo il fornaio Raffaele Esposito su come si chiamasse quella pizza tricolore così apprezzata dal palato della regina, rispose “Margherita”.

Attenti ai pezzi di ricambio. Gli ingredienti della pizza, presi uno per uno, sono già di per sé salutari. Insieme, fanno di più. Per studiare in che modo i diversi nutrienti della pizza interagiscono a garantire i benefici per la salute sono arrivate in Italia perfino équipe di ricercatori giapponesi. Gli antiossidanti del pomodoro sono resi più biodisponibili dai grassi; il pomodoro aiuta la digestione dei carboidrati e la loro conversione in energia. La scienza ha scoperto che se si mangia pizza almeno una volta alla settimana, il rischio d’infarto si riduce a meno della metà e può anche ridurre le probabilità di tumore all’apparato digerente. Il segreto sta, come detto, nella combinazione dei suoi ingredienti. La cui qualità può però essere facilmente contraffatta.
Troppe pizzerie usano insipido olio di semi. E soprattutto, occhio alla mozzarella, spesso si usa quella “finta”, quei panetti di una cosa che non può neanche legalmente fregiarsi del nome “formaggio”, essendo un “prodotto alimentare filante a base di proteine e derivati del latte” fatto con acqua, proteine del latte, burro o miscele di formaggi con additivi fondenti (come citrati, fosfati di sodio e polifosfati). Difatti il loro nome commerciale è spesso un composto di fantasia, sulla base di alcune lettere della parola “mozzarella”.

La mozzarella è meglio che sia di bufala (non esiste ancora la “finta” mozzarella di bufala). O da agricoltura biologica. Per l’impasto, meglio la farina integrale. Per fare la farina raffinata (bianca, 00), i chicchi vengono decorticati e subiscono una perdita di nutrienti durante le fasi di lavorazione. Pomodoro italiano, meglio se da agricoltura “bio”. E alla fine, rigorosamente a crudo, un filo d’olio extravergine d’oliva, non di semi, né d’oliva. Extravergine.

Tags: , ,

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *